domenica 24 agosto 2008

Miiing, che Olimpiadi!

Avendo perso la cerimonia inaugurale e praticamente tutte le gare in programma ho voluto rifarmi guardando la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi.
Belli i fuochi indubbiamente e avrei voluto vedere, visto che eravamo in Cina ma nel complesso credo che un gatto attaccato ai maroni sarebbe stato meglio.

In queste occasioni, che si tratti di Pechino, di Los Angeles o di Casalpalocco, ci si deve sorbire le insopportabili pantomime delle bandiere e i discorsi dei vari caporioni dello sport, per non parlare dell'inno olimpico cantato dal solito piccolo coro.
La parte spettacolo, a parte qualche acrobazia ardita su una specie di Torre di Babele metallica, è stata deludente. Stamburamenti, bambini batteristi, rischio di caduta nell'atmosfera da Palio imminente.
Poi è iniziato il Festival di San Pechino o una brutta edizione dell'Eurofestival vecchi tempi, come preferite, con uno stuolo di cantanti che sicuramente sono famosissimi a casa loro ma che a noi non dicono nulla. Tante Liu Pau Sin e JiJi Da Less Yo rigorosamente in versione occidentale.

A proposito di cantanti, è ufficiale: le cinesi non cantano, miagolano. La conferma ci è venuta dal successivo numero delle sette ragazze (un omaggio subliminale alle "sette sorelle" che governano il mondo?) che hanno appunto miagolato una canzone incomprensibile per alcuni interminabili minuti, dedicandola alla luna. Nell'attesa che finissero, la domanda era: dobbiamo per caso votare il vestito più brutto?
Non è mancato il duetto lirico, con un Placido Domingo che ha cercato inutilmente di scaldare con animo caliente una soprano-gatto del luogo vestita giustamente di cristalli di ghiaccio e che dava l'impressione di avere una scopa in culo.

Insufficiente anche il cambio della guardia tra Pechino e Londra, prossima città ad ospitare la menata olimpica. Una parata di luoghi comuni sugli inglesi (mancava solo il té ma la pioggia e gli ombrelli c'erano) con arrivo di autobus rosso a due piani d'ordinanza dal quale sono fuoriusciti una cantante che ci dicono famosa e un residuato rock come Jimmy Page con la missione di sconciare una canzone mito come "Whole Lotta Love". Se la chitarra faceva ancora la sua porca figura la voce della tipa era totalmente inadeguata. Diciamolo, uno schifo. Arridatece Robert Plant.
Sempre dal bus è spuntato un annoiato ma benedicente David Beckham che, suppongo per la modica cifra di qualche miliardo, ha dato un calcio ad un pallone, poi agguantato da un fortunato cinesino che lo avrà subito messo su Ebay.

Altri cantanti, altri balletti ma noia tanta. Resta il dubbio che il collegamento RAI sia stato interrotto proprio quando stava per arrivare il meglio ma non importa. Quasi due ore sono state più che sufficienti. E se Dio vuole anche ste ming di olimpiadi sono finite, va'.

P.S. A proposito di cover e di "Whole Lotta Love". Altra merce Prince, in un vecchio concerto a Las Vegas e alle prese con il classico zeppeliniano. Ciapa ciapa e porta a ca'.

sabato 16 agosto 2008

No, non è la frutteria

Ci vuole proprio poco per ricrearsi la propria oasi tropicale anche in città. Basta un bel viale alberato di pini, fornitori di ombra, frescura e inconfondibile profumo che ricorda le località marine e una frutteria all'aperto, quelle con gli ombrelloni-oni-oni di paglia, i tavolini, la musica etnica e tante prelibatezze esotiche e non.
La frutteria che frequento in questi giorni in maniera compulsiva per illudermi di stare ancora in vacanza e disintossicarmi a furia di vitamine e sali minerali, è un luogo che invito chiunque passi da Faenza a visitare. Si trova in Via Tolosano, il viale che si imbocca, venendo da Imola, quasi di fronte all'Ospedale, per andare alla stazione.

Ideale per la pausa del pranzo, sempre frequentata ma incredibilmente tranquilla, una vera oasi, offre non solo frutta, gelati, frappé, centrifugati e cocktails ma la possibilità, ad esempio, di farsi la propria insalata-compilation con gli ingredienti preferiti.
Per la frutta c'è solo l'imbarazzo della scelta. Oltre al classico cocomero, i miei preferiti sono i piattoni di frutta mista da gustare con lo yogurt. In questi ultimi giorni, complici il caldo e una certa nausea per il cibo tradizionale, mi sono mangiata quantità industriali di cocomero, ananas, cocco e melone.

Oggi, per cambiare e per la serie "o magnamo strano", mi sono concessa un "Laguna Blu" tutto di frutti tropicali. Confesso che alla mia tenera erà non avevo mai mangiato il Rambutan, la carambola, il Litchi, la Pitaya e nemmeno il Mangustan. Per dire la verità nemmeno tanto spesso il frutto della passione, il mango e la papaya. E' stato divertente e gustoso anche se certi frutti esotici hanno sembianze un po' inquietanti, tipo certe pallette pelose chiamate Rambutan.

Il bello è che mangiando al pasto solo frutta, anche quella aliena con il pelo, ci si sente leggeri come piume. L'unico effetto collaterale è che, soprattutto quella tropicale, è piuttosto diuretica ma per sgonfiarsi è l'ideale.
Ecco, oggi mi sono sentita veramente ai tropici ed ero a meno di un chilometro da casa. Se passate da Faenza, non mancate di fare un salto in Frutteria.


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giovedì 14 agosto 2008

Paté de Phelps gras

12 mila calorie al giorno. Ingozzato come un'oca da foie gras.
Vale la pena di riportare il pezzo di cronaca per intero, ripreso da Repubblica (anche se si stenta a credere che non abbiano preso lucciole per lanterne e non si sia un po' esagerato nella traduzione).
"Mangiar bene, per sentirsi in forma. Con l'oro conquistato nella 4x200 stile libero, Michael Phelps è entrato ieri nella storia vincendo l'undicesimo titolo olimpico e salendo per la quinta volta a Pechino sul gradino più alto del podio.
Dopo l'ultimo trionfo, il nuotatore statunitense ha rivelato il segreto che gli consente di sostenere durissimi allenamenti, cinque ore per sei volte la settimana: un'incredibile dieta - si fa per dire - da 12mila calorie al giorno, sei volte la quantità standard di un adulto maschio.

La colazione del campione capace di oscurare Mark Spitz prevede tre uova in padella con il pane, con l'aggiunta di alcuni selezionati ingredienti: formaggio, lattuga, pomodori, cipolle fritte e ovviamente maionese. Poi due tazze di caffè e una scodella di fiocchi d'avena, una "pappa" di cereali spezzettati. Ma non è ancora finita. Ci sono tre fette di pane tostato, con zucchero a velo per assicurarsi che non manchino calorie. Per finire, tre piccole frittelle di cioccolato.

Terminata la prima colazione e con le fitte della fame per l'incombere del pranzo, Phelps non rinuncia a mezzo chilo di pasta condita e due grandi panini con prosciutto e formaggio, pieni di maionese. E senza dimenticare mille calorie di bevanda energetica.

La cena è il pasto in cui il nuotatore fa la scorta di carboidrati per l'allenamento del giorno successivo. Ancora mezzo chilo di pasta, accompagnato però da una pizza e altre mille calorie di bevanda energetica. Poi a letto per il meritato riposo. "Mangiare, dormire e nuotare, è tutto quello che so fare", ha detto ieri Phelps all'emittente statunitense Nbc".

Come si dice in certe trasmissioni televisive di sport estremi: "DON'T TRY THIS AT HOME!" (non rifatelo a casa vostra.)

Prima domanda idiota: con tutto quello che mangia, come fa a digerire e subito buttarsi in piscina? Vi ricordate quando ci dicevano da piccoli che dovevano passare due ore almeno dai pasti prima di fare il bagno, se no potevamo morire di congestione e noi in spiaggia guardavamo il mare impazienti e contando i minuti?

Altra domanda sciocca: mi sbaglio o appena attaccherà gli occhialini al chiodo questo giuggiolone americano comincerà ad ingrassare come un capodoglio e se è fortunato riuscirà ad invecchiare senza schiattare a quarant'anni per un colpo secco?

E' ancora sport questo o è solo una succursale del freak show di Barnum? Amminchiarsi il fegato in quel modo, si può considerare doping estremo?
E che nessuno mi dica che comunque Phelps è obbligato a mangiare così perchè solo in un'ora di allenamento consuma più di 500 calorie. Che lui fa del moto (per usare un eufemismo). E' una cosa mostruosa lo stesso.

Mostruosa come l'atroce ingozzamento delle oche per fare il foie gras, appunto. Una pratica che andrebbe abolita in tutto il mondo e contro la quale vi sono campagne di mobilitazione animalista. Tanto si può vivere anche senza il foie gras che, detto fuor di metafora, fa schifo.


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mercoledì 13 agosto 2008

E lei come ti vuole?

Avendo parlato ieri l'altro di cavalieri tricotrapiantati e abbronzati al mordente IKEA, di sorrisi stregatti e canzoni apicelle, palpebre e zampe di galline imbalsamate per sempre con il botulino nel lifting eterno, è necessario rifarsi gli occhi con qualcosa di bello. Per esempio un paio di gran pezzi di gnoccoloni belli vivi e guizzanti che, se non ci aiuteranno a rinfrescarci la serata, almeno ci consoleranno con qualcosa di bello da guardare.

Non è solo di estetica maschile che voglio parlare, però, nè delle mani di Viggo Mortensen in "La promessa dell'assassino", una delle immagini più erotiche che conosca, puro feticismo delle mani.
Vorrei idealmente rispondere o meglio, fare da contraltare o contrappeso al post che ho letto oggi su Mentecritica, dedicato alla cosiddetta "donna ideale".
Mi è venuto subito in mente per reazione ed era inevitabile, quale sarebbe per una donna moderna, l'uomo ideale. Mica facile rispondere. Noi donne siamo più complesse o semplicemente più variegate e probabilmente non basta volgere il discorso di Fully al femminile. Di solito si arriva a delineare l'identikit dell'uomo ideale facendo una lista dei peggiori difetti maschili ed immaginando un essere al testosterone che ne sia privo.

Come immaginario collettivo siamo venute su da bambine con la menata del Principe Azzurro, della cui personalità nulla ci veniva detto se non che era capace di risvegliare la principessa in letargo con un "bacio", metafora elegante per dire che era uno che sapeva darsi da fare con il dai e vai.
Questa dote da defibrillatore portatile però si scontrava inspiegabilmente con una presenza belloccia ma senza sostanza e sciapa come l'acqua di mele, uguale identica a quella dell'Azzurro di Shrek, tanto che uno diceva: "ma comme fa'?" Nessun favolista si è mai sognato di raccontarci il dopo del Principe, il dopo-risveglio.
Quando arrivava il Principe, questa figura mitica che arriva presto, sveglia la principessa e di solito non pulisce il water, la fiaba finiva e dovevamo immaginarci il seguito.
(E peccato che la morale del tempo non ce lo raffigurasse come questo Jake Gyllenhaal nuovo di pacca in versione "la stiamo perdendo", nei panni del Prince of Persia.)

Il dopo non veniva descritto perchè la sua descrizione avrebbe infranto qualunque mitologia fiabesca.
La parola chiave dell'uomo ideale è DURATA. Non solo in quel senso che, ahimè, non è poi così una scemenza se si vendono tonnellate di blue pills. Durata si, resistenza e perseveranza ma anche in un'altra cosa fondamentale oltre il sesso: la considerazione per la sua donna.
Si sa che all'inizio sono tutte rose e fiori. Gli uomini la prima settimana (voglio essere generosa, il primo mese) sono tutti adorabili ed ideali. E' il dopo che li frega. I primi tempi ti corteggiano che è una meraviglia: moine, dolcetti, perfino regali. Poi purtroppo, è più forte di loro, fatta la conquista perdono interesse. Ti senti come un film che hanno già tutti visto e l'ultima settimana lascia la sala semivuota.

Attenzione per la donna significa non dimenticare l'anniversario ed essere generosi. Noi donne siamo scadenziari viventi e in quelle occasioni ci teniamo troppo che lui ci regali qualcosa, soprattutto le banalissime rose rosse. Non parliamo poi del regalo più consistente. Anche alla donna più modesta e spartana, un anellino con un pezzo di carbonio al centro dice il suo perchè. C'è sempre una spiegazione etologica in questi comportamenti. Se no perchè tante specie di uccelli addobberebbero il nido con pezzetti di vetro e altra roba luccicante?
In soldoni, l'uomo ideale deve avere una memoria da agenda elettronica per ricordare tutte le ricorrenze (compleanno, San Valentino ecc.) e deve essere generoso come uno sceicco appena sbarcato dallo yacht.
Attento, costante e generoso quindi. Ovviamente deve farci ridere, dimenticavo.

Se la donna ideale dev'essere amante appassionata, mamma, bambina, infermiera, amica, complice e immensamente intelligente per ricoprire tutti questi ruoli senza sviluppare una pericolosa personalità multipla, come funziona con l'uomo ideale?
Deve essere babbo? Ma si, dandoci quel senso di protezione e sicurezza che ci dava il nostro papà. Nelle qualità paterne c'è anche il coraggio. Il codardo con noi non ha scampo.
Deve essere bambino? Ma si, deve essere bambino per permetterci di fare le mamme e le infermiere (che ci piace tanto, ammettiamolo!).
Deve essere infermiere? Ecco no, nemmeno il più generoso Pico della Mirandola è disposto a coccolarci quando siamo malate. Se un suo dolorino da nulla è un dramma, i nostri lancinanti dolori mestruali, che stenderebbero un plotone di marines, sono una sciocchezza.
Se gli dicessimo: "Tesoro, vengo da un doppio trapianto cuore-polmoni, mi hanno appena amputato entrambe le gambe". "Ah si? Mi andresti a prendere le pantofole? Scusami ma sono stanchissimo."

Sicuramente l'uomo ideale deve essere complice, alla faccia di chi dice che l'amicizia distrugge l'amore, e deve essere di immensa intelligenza, quella che gli permette di sopportare la nostra. Come puri dettagli trascurabili direi che dovrebbe essere ordinato, lavarsi, essere onnivoro e dimenticarsi di avere avuto una madre quando si parla di cucina, averne sempre voglia basta che ce l'abbiamo anche noi, riconoscere ed essere orgoglioso del nostro lavoro, essere un duro ma allo stesso tempo un morbido. E soprattutto, avendo tutte queste doti, non dovrebbe essere gay.


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lunedì 11 agosto 2008

A Letta con il nemico

La saga dei Letta assomiglia a quella dei paperi disneyani. Si sviluppa in linea di zio e nipote. Mancano ancora i nipotini PDI PDO e PDA ma ci arriveremo. Già Enrico propone un Pippo (Baudo) come portavoce dell'opposizione e non mi meraviglierei se il PD lanciasse una campagna contro la Pluto-crazia.
Zio e nipote hanno ricoperto la stessa carica istituzionale di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri: prima Gianni con Berlusconi, poi Enrico con Prodi e di nuovo Gianni dall'8 maggio 2008. Se Gianni, da ex dirigente Fininvest, è un Berlusconiano convinto, Enrico forse aspira a diventarlo una volta che Walt Veltrony gli avrà dedicato un fumetto tutto suo, cioè se gli affiderà la guida dell'opposizione.

E' di Enrico l'idea ferragostana di abbandonare definitivamente l'antiberlusconismo per poter finalmente vincere (con il PD) le elezioni.
L'antiberlusconismo, ovvero l'idea che Berlusconi sia odiato per sé, per un fenomeno puramente gratuito ed ingiusto (come ben altri anti-ismi della storia) e non perché abbia molto da farsi perdonare in quanto personaggio pubblico, oppure perchè è semplicemente antipatico come tutti gli sbruffoni.

Si sa che Silvio soffre di una sindrome che gli rende ispiegabile il fatto di non essere amato dal 101% della popolazione. In lui la consapevolezza che qualunque essere umano ha di poter stare sui coglioni di qualcun'altro non si è mai manifestata e mai si manifesterà.
E' normale essere antipatici. Ogni volta che scopriamo di stare sulle palle a qualcuno è un sollievo, è un buon segno, è una conquista, significa che siamo vivi ed abbiamo personalità.

Come uno psichiatra che entra nel delirio del paziente invece, Enrico Letta ci invita a darci la mano e formare una lunghissima catena umana per formare quel 101% di adoratori del Dio Silvio ed imparare ad amare il nostro presidente del consiglio senza condizioni. Unconditionally surrender, come il Giappone bombardato dall'Enola Gay.
Amarlo superando i problemi giudiziari ma soprattutto andando oltre il ribrezzo del bulbo pilifero trapiantato, della palpebra botulinizzata e della guancia imbalsamata, del sorriso da Stregatto e soprattutto della personalità da venditore porta a porta pericolosamente tendente alla menzogna. Bisogna ammetterlo, l'antipatia per Berlusconi ha una componente di ribrezzo fisico, ribrezzo che a quanto pare hanno superato tante veline e velone pettorute e quindi, per Letta, ce la potremmo fare anche noi. Stai a vedere che smettere di odiare Berlusconi è come smettere di fumare, più facile di quanto si pensi. Smettere di odiare Berlusconi è facile, se sai come farlo.

Per quei pochi miserabili che ancora perseverassero nel vizio e nell'abbrutimento antiberlusconiano parlando di nani infami, caimani e bellechiome si potrebbe studiare un cerotto da applicare sulla natica. Un lento rilascio di concetti enricolettiani potrebbe condurre alla definitiva e completa disintossicazione.

Resta il mistero del perchè sia così necessario superare l'antiberlusconismo senza chiedere alla controparte, come minimo, di superare l'anticomunismo che, oltretutto, è alquanto demodé. Il giorno che Berlusconi la pianterà con l'anticomunismo ci faremo un pensierino.

domenica 10 agosto 2008

Guarda come ciondolo

(Parental Advisory: Attenzione, l'autrice del post non è riuscita ad evitare a volte toni decisamente pedofobi nella seconda parte del testo).

(Disclaimer: Esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti. Tutti noi faremmo la firma per averli come figli e nipoti. Purtroppo più di frequente ci capitano quelli che descrivo nel post e che sarebbe ipocrita far finta che non esistano solo per fare la figura dei buonisti alla "sepoffà".)

Vorrei parlare di un fenomeno che mi capita di osservare sempre più spesso, in particolar modo in questi giorni. Quello dei bambini ma soprattutto degli adolescenti che ciondolano tutto il giorno in preda ad una noia cosmica attorno ai genitori e agli altri malcapitati adulti, perchè le scuole sono chiuse.

L'altro giorno ho assistito ad una scena veramente pietosa. Un bambino costretto per quasi due ore a rimanere nell'angusto spazio di un salone da parrucchiere ad alta intensità di estrogeni mentre a sua madre fissavano le extensions, senza purtroppo contemporaneamente sigillarle la bocca. Il bambino ha ciondolato, appunto, per metà del tempo quindi una delle sciampiste, misericordiose, ha detto "Ma non si può dare qualche giornalino a questo piccolo per distrarlo un po'?" Il problema è che le riviste finivano sfogliate molto alla svelta, non essendo un bambino di 7-8 anni molto interessato a "Men's Health" e a questioni come addominali a tartaruga e durata del rapporto.
La creatura, poverina, è stata fin troppo buona, un piccolo Buddha. Un altro avrebbe sfasciato il negozio e sviluppato un odio feroce nei confronti delle donne. Alla fine però, quando la madre ha finalmente avuto le sue estensioni e l'arsura le aveva già provvidenzialmente seccato la gola, il figlio santo appariva francamente distrutto. Penso avrà rimpianto i cateti e financo le ipotenuse da masticare durante le grigie ore scolastiche di novembre.

Se alcuni ragazzini ciondolano ma li sopporti ed anzi ti fanno un po' pena come il piccolo coiffeur victim, altri te li ritrovi tra le palle domandandoti cosa hai mai fatto di male per meritare questo, non essendo oltretutto responsabile della loro nascita e quindi della loro immissione nella biosfera.

Per quello che mi ricordo, se noi ragazzi avessimo dovuto trascorrere una intera giornata con i genitori chiusi sul loro luogo di lavoro ci saremmo sparati già alle sette di mattina. Per non dire che loro non lo avrebbero mai permesso se non in circostanze assolutamente eccezionali.
La regola per i ragazzi, durante le vacanze, era trovarsi - dico la parolaccia: giocare - ma ad almeno due chilometri dai genitori e soprattutto all'aria aperta. Già le vacanze al mare trascorse assieme a loro erano vissute con disagio. Anelavamo all'indipendenza, al poter stare per conto nostro, a non dipendere dai genitori. Con appena quattromila lire alla settimana di paghetta e un pallone da calciare in un cortile.

Invece, per un curioso fenomeno che ai miei tempi sarebbe stato impensabile, c'è una tipologia di ragazzini che si incollano alle calcagna dei genitori (e purtroppo degli altri malcapitati ed incolpevoli adulti presenti) i quali se li ritrovano in negozio, perfino negli uffici a ciondolare per ore come zombi decerebrati senza possibilità di scrollarseli di dosso se non dietro elargizione di somme di denaro. "Su andate a farvi un giro, comperatevi qualcosa, ma non tornate prima di stasera, mi raccomando".

Non riuscire ad allontanarli significa assistere a lunghissime sedute di "scoppio delle palline di bubble pack" oppure di caduta ritmica di moneta sul tavolo (record mondiale appena stabilito: 9'45"), oppure alla distruzione sistematica del luogo ove si trovano. Apparecchiature che cadono sotto una maledizione inspiegabile e smettono di funzionare, stampanti che cominciano a buttare inchiostro perchè il genio ha cercato di smontarle, insudiciamento di tastiere, mouse e registratori di cassa che sembrano spalmati con lo strutto. Per non parlare dei computer che, da un giorno all'altro, si ritrovano più infetti di una fogna di Calcutta perchè loro chattano e scaricano, scaricano e installano.
Pare che i genitori lo facciano perchè almeno sanno dove sono i figli, li si può controllare meglio. Là fuori, si sa, c'è la droga, appena volti la testa trombano come ricci. Si parla anche di undici-dodicenni.

Il problema è che se nei mesi invernali questo tipo di cucciolo sembra avere uno scopo nella vita, cioè tirare a campare a scuola, studiare il meno possibile e occuparsi in inutili corsi di danza, sport e musica facendo finta di interessarsi a qualche cosa, con la fine delle lezioni e la chiusura estiva delle palestre scatta la consapevolezza di non sapere più che cazzo fare dalla mattina alla sera.
Di conseguenza il genitore si tira dietro i figli ma senza considerare il fatto che questi, che sono un 'orrenda ibridazione tra bambino ed adulto, che non giocano più e non sanno stare con sé stessi, non sono nemmeno abituati a stare con i genitori, vedendoli si è no di sfuggita ogni tanto. Disposti a non concedere nemmeno un grammo di affettività a babbi e mamme che li hanno tirati su come delle slot-machines, "metti la moneta e lui ti considera per 30 secondi", semplicemente impongono la loro indifferenza ed il loro è un silenzio che ti assorda, tanto che passi l'estate a fantasticare sul Pifferaio di Hammelin e a pregare San Remigio che torni presto la scuola a portarseli via, con un pensiero affettuoso ai poveri insegnanti che dovranno giuggiolarseli per nove mesi. Quasi un'altra gravidanza. Roba da correre a farsi legare le tube.

Certo, esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti.
esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti.
esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti.esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti.esistono ragazzini bravi, studiosi, indipendenti, buoni, affettuosi e soprattutto intelligenti.

sabato 9 agosto 2008

Prematurata la superfinanziaria

Berlusconi non vuole emendamenti alla finanziaria. La manda in Parlamento prematurata ma solo affinchè venga approvata da una maggioranza di yesmen. La prima superfinanziaria blindata senza scappellamenti nè a destra, nè a sinistra. Tanto l'opposizione, per dire vice sindaco come fosse antani, ha perso i contatti con il tarapia tapioco.

Come nei film dove il cattivo sembra uno, tutti si concentrano su un particolare indiziato ed invece a due minuti dalla fine si scopre che il vero carognone e colpevole è la classica acqua cheta, la Russia di Putin non ha aspettato nemmeno che svanissero i fumi dei fuochi artificiali della cerimonia di apertura delle Olimpiadi nella controversa Cina per andarsi a bombardare la Georgia, che non vuole concedere ai separatisti dell'Ossetia del sud di riunificarsi con la madre Russia e per questo li aveva a sua volta bombardati. Bombardamenti e morti che faranno una fatica enorme a farsi strada tra medaglie e medagliette. Una volta si aspettava l'inizio di una guerra, possibilmente mondiale, per scatenare un genocidio. Oggi bastano le Olimpiadi. Bush, alla domanda sul perchè gli Stati Uniti appoggino Tbilisi contro Mosca ha commentato: "Come diceva Ray Charles, la Georgia è sempre nei nostri pensieri."

Ovvero, dalla commedia alla tragedia and back again in venti righe.



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giovedì 7 agosto 2008

Le paraculimpiadi

Le Olimpiadi, già. Domani ci siamo. Cominciano le controverse e finora sfigatissime (diamoci pure una grattatina) Olimpiadi di Pechino, le prime nella ancor fin troppo, per i nostri gusti, esotica Cina.

Sarà un'altra roboante, l'ennesima, cerimonia di apertura con, fatemi indovinare, le solite coreografie colorate viste nei film hollywoodiani alla Busby Berkeley, bandiere e bandierine in tutte le salse, le atroci divise con cappelli tipici degli atleti, la solitudine del portabandiera di Aruba, il tedoforo che si fa la corsetta finale fino in cima alla scala per andare ad accendere il grande barbecue a gas.

L'unica differenza potrebbero essere i fuochi artificiali di qualità veramente eccelsa (se no che Cina sarebbe), qualche migliaio di comparse in più e draghi, suppongo, draghi in tutte le salse. Vedo già un gigantesco rettile sputafuoco che potrebbe, almeno per questa volta, alitare sul braciere e accendere lui il fuoco olimpico incenerendo anche l'insopportabile tedoforo, perchè no? Giusto per cambiare, perchè le olimpiadi sono ormai ogni volta sempre più noiosamente uguali a loro stesse. Con l'unica differenza che, quadriennio dopo quadriennio ,diventano sempre più paracule. Le paraculimpiadi, appunto.

Sembra impossibile ma il CIO ama scegliere paesi dalle libertà chiacchierate, così si possono tirar fuori le campagne d'ordinanza per i diritti civili, lo sdegno per la sorte delle minoranze, che conservavamo in naftalina in un cassetto e tutta una serie completa di luoghi comuni e paraculaggini da utilizzare contro il paese designato come ospitante la manifestazione. Un idiota direbbe: "ma perchè scegliere paesi a regime dittatoriale allora e non punirli tagliandoli fuori dalla rosa dei papabili?"
Perchè anche quelli, come mercati sui quali piazzare le nostre mercanzie , fanno la loro porca figura. Fa impressione sentire un Romiti ammettere che nessuno si scandalizza quando nei paesi olimpici vanno imprenditori nostrani a sfruttare anche il lavoro minorile. Romiti, ex dirigente FIAT, non Che Guevara.

Sono mesi che la meniamo alla Cina per i diritti umani. Per carità, sacrosanto, ma parliamo noi che siamo andati a disputare un campionato del mondo di calcio in Argentina quando migliaia di persone venivano torturate, passando per gli stessi stadi, oltretutto, senza che nessuno se ne scandalizzasse (delle torture) se non a posteriori? Parliamo noi che abbiamo pianto e battuto i piedi per terra affinchè i nostri tennisti biancovestiti nel 1976 potessero giocare la Coppa Davis nel Cile di Pinochet?
Oggi i dirigenti cinesi hanno detto senza perifrasi al guerrafondaio, torturatore di Guantanamo e boia del Texas, G.W. Bush di farsi i cazzi propri. Non so se è proprio il mitico "scagli la prima pietra" ma quasi.

Per colmo di facciadaculaggine i politici, ovvero la longa manus dell'economia e della finanza, vorrebbero che gli atleti, che si schiantano per quattro anni in allenamenti per le olimpiadi, rinunciassero a tanti sacrifici per far far loro (ai politici) una figura da megaparaculi. Ridicolo anche il balletto "vado o non vado all'inaugurazione?" che assomiglia tanto al morettiano "mi si nota di più se vado o se non vado?"

Come se dello spirito olimpico, ovvero del gareggiare per puro spirito competitivo, proprio grazie al mercato ed alle sue leggi, non ne fosse rimasto che qualche traccia, come gli ossalati di calcio nelle urine, in discipline come il pentathlon, la lotta greco-romana e poco altro. L'atletica è ormai una passerella di divi, idem il nuoto, nel quale si discetta più delle trasparenze pubiche dei costumi che di bracciate.

La stessa dose massiccia di paraculaggine viene sparsa a profusione quando si parla di doping.
Esistono linee di ricerca dedicate alle sostanze per migliorare le prestazioni atletiche in tutte le aziende di BigPharma con le medesime che tampinano i medici sportivi affinchè le facciano adottare alle squadre di calcio o a singoli atleti; nelle palestre si va avanti a bombe, certe muscolature sono più che sospette in quasi tutti gli sport ma si fa finta che il doping sia un fatto di poche mele marce, di qualche pirata corsaro.

Per fortuna non ci sono più le orrende ginnaste rumene mezze nane e mezze bambine con le mestruazioni bloccate a tempo indeterminato, le mastodontiche nuotatrici della DDR o le lanciatrici di peso russe, più maschie di giocatori di rugby gallesi.
Non ci sono più perchè sono quasi tutte morte a causa delle cure alle quali si erano sottoposte per vincere. Si, ma erano paesi comunisti, dittatoriali, direte. E' morta anche l'americanissima ed eroina reaganiana Florence Griffith, la corridora con le unghie lunghissime e la tuta da spiderwoman.
Lo sport è ipocrita. Non esiste più la vittoria per caso. La vittoria si costruisce e se l'atleta non ce la fa con il suo, gli si dà una spinta. Le olimpiadi sono sempre state un fatto politico da quando sono dominate dal mercato. La Cina di quest'anno è solo un pretesto per dare aria ai cocomeri pensanti o ai meloni.

Sarebbe bello che le Olimpiadi cinesi regalassero momenti indimenticabili come quelli del passato. Come il Pietro Mennea che stabilì un record che resistette per 17 anni nello stesso anno dei pugni neri degli atleti sul podio, o le sette medaglie di Mark Spitz, una meteora di fulgida ed indimenticabile bellezza, assieme alle evoluzioni dello scricciolo russo Olga Korbut, a rischiarare il tragico buio di sangue di Monaco 1972.

Non scandalizziamoci se le olimpiadi si intonano così bene con i regimi. Nello sport c'è una forte componente di autoritarismo e mitica fascista dell'eroe (che è la stessa anche se vestita di rosso).
Le più belle olimpiadi in assoluto, dal punto di vista estetico, del resto, furono quelle di Berlino del 1936.

Le filmò in maniera geniale una regista per la quale faceva le bave il Fuhrer, Leni Riefenstahl. Guardare il film "Olympia" oggi è illuminante. Si rimane sconcertati nel vedere come tutte le successive cerimonie olimpiche di apertura e chiusura siano state modellate su quella di Berlino, soprattutto quelle dei paesi a libertà vigilata ma non solo.
La Riefenstahl non ha soltanto codificato un modo di filmare lo sport che è rimasto a tutt'oggi l'unico possibile ma ha messo a nudo quasi con innocenza l'ipocrisia e l'opportunismo della politica.
C'è un momento, durante la sfilata delle rappresentanze, in cui tutte le nazioni democratiche sembrano essere entusiaste di sfilare davanti al Fuhrer.
Anche i signori americani, ebbene si, non parliamo dell'Italia littoria e dei francesi, quelli con il braccio più entusiasticamente teso.
Non ho dubbi che ci saranno tanti bracci ritti, domani a Pechino.

domenica 3 agosto 2008

Kolosimo Jones e la maledizione dei marrons glacés di cristallo

Non c'è cosa peggiore che tornare a casa il 3 di agosto, provenienti dalle chiare e fresche acque di un torrente di montagna ed essere accolti da una città dalla temperatura da forno crematorio en plein air, con un sole che ti fa pesare fino in fondo la propria natura di reattore nucleare.
In un attimo ti si annulla completamente il beneficio della vacanza, come quei giochi malefici dove vai su di qualche stadio e poi, a causa di uno che non riesci a completare, devi ricominciare daccapo tutto il livello.

Sono stata in vacanza? Davvero? Perchè hai voglia di ripensare a quelle acque, alla frescura che ne proveniva e che hai goduto appena ieri sera; qui fa un caldo schifoso, da vomito e da domani questa sarà la tua realtà, con il lavoro che ti assalirà di nuovo ben bene con il tono del sergente Hartmann "Tirati su, tirati su, Palladilardo!!"
Il riferimento non è casuale. In questi giorni i carboidrati l'hanno fatta da padroni. Colpa di un forno montanaro dove ho ritrovato per miracolo la focaccia genovese, quella bella unta.

Nel post prima della partenza avevo fatto un riferimento profetico al pericolo di pioggia ed alla conseguente rottura di marron glacés che ne sarebbe derivata. Ebbene si, ha piovuto, praticamente ogni giorno ma in maniera, per così dire, compassionevole. La mattina tempo bello, tale da permetterti la passeggiata, poi verso le due si rannuvolava e prima di sera faceva un bell'acquazzone. Dicono sia la norma in montagna. Quindi se ne evince che negli anni passati, a parte gli ultimi due, avevo avuto un culo esagerato avendo trovato tempo sempre bello e senz'acqua quotidiana.

A parte la pioggia, però, e che non suoni blasfemo per chi non ha potuto godere di una fortunata vacanza come la mia, la montagna mi è parsa lo stesso quest'anno una discreta rottura di palle. Sarà che ogni anno è sempre più difficile arrampicarmi per sentieri, con la guida che scrive con scherno "percorso facile, adatto a tutti, anche ai bambini" ed tu che ti sentt da rottamare e nemmeno come auto storica; sarà il fatto che nei rifugi ti toccano sempre la polenta, i finferli, lo speck, gli orrendi crauti e quei dadi di cervo stufato che ti auguri siano davvero cervo stufato e non escursionista dell'anno scorso, disperso a quota 3800, naturalmente surgelato.
E' difficile anche trovare percorsi nuovi che non siano già stati battuti in passato. Per quest'anno, non cambiare, stessa seggiovia, stessa montagna.
Meno male che di nuovo ho potuto vedere il Pordoi e la Val Gardena, bellissimi (e con il sole, tiè!)

Prima di rimettermi al lavoro nel corpo dei marines e di tornare a pieno ritmo alla manutenzione di un blog che è rimasto indietro di una settimana (a proposito, grazie a tutti coloro che hanno lasciato gli auguri di buone vacanze e che hanno cliccato lo stesso la paperaccia), la sottoscritta vi lascia con una mini recensione del film visto in ferie nel cinemino-treatrino locale, senza l'amato impianto Dolby Surround al quale purtroppo si è abituata nelle patrie multisale ma con l'audio sparato a spaccatimpani come ai vecchi tempi.

L'ultimo Indiana Jones si intonava molto bene con gli scarponi da trekking e con il clima da sala parrocchiale. Che dire, sono quei film che ti danno la sensazione che siano stati girati inserendo il regista automatico e che alla fine ti strappano un agghiacciante "bellino, va'!"
Buona l'introduzione del personaggio, con l'inconfondibile cappello e l'ombra proiettata sull'auto ma purtroppo l'effetto originalità dura poco perchè ti cadono i marrons glacés quando capisci che la mitica e ultramegasegreta Area 51 può essere presa, in pieni anni cinquanta, da quattro russi da fumetto più Cate Blanchett, con quattro pistolettate e un paio di barbe finte.
Dev'essere il nuovo corso dell'amministrazione americana, quello per intenderci che l'11 settembre la CIA, il NORAD, l'FBI, il servizio della Marina e tutto il cucuzzaro non c'erano e se c'erano dormivano. In pratica è meglio custodito un qualunque LIDL, dove ci sono certi buttafuori che, appena entri con qualche sporta, ti squadrano subito etichettandoti come ladra in pectore.

Tornando al film, cosa ci poteva essere da rapinare nell'Area 51? Il reperto di Roswell, ovviamente, il solito alieno grigio del cavolo. Anche l'Arca dell'alleanza, mi suggerisce qualcuno abile nell'aguzzare la vista. Nel prosieguo dell'avventura, come in un puntatone di Voyager, c'era tutta la mitologia dell'archeologia spaziale, dalle piste di Nazca ai teschi di cristallo. Mancava solo l'uomo spaziale di Palenque e l'esplosione di Tunguska.
Kolosimo Jones, insomma. Una pacchia per noi quasi cinquantenni venuti su a pane ed UFO ma cosa ci avranno capito i ragazzini che dieci anni fa erano troppo piccoli per Mulder e Scully?
Harrison, poveretto, fa fin troppo, data l'età. Però non perdono assolutamente a Spielberg il disco volante che alla fine se ne riparte venendo su da sottoterra (visto già in almeno quarantasette film compreso il primo lungometraggio di X-Files) e il matrimonio riparatore finale dell'eroe con la ex-bella del primo episodio. Capisco voler uccidere definitivamente il personaggio ma così è troppo, roba da tribunale dell'Aja. Vuoi mettere uno che inforca il cappellaccio e se ne riparte con un Rhettbutleriano "francamente me ne infischio" di mogli e figli "de Elvis" spaccamaroni, andando magari a riprendersi la Cate nella jungla per una sveltina stile "dove eravamo rimasti?"
Ma si, avete ragione, non ha più l'età, meglio l'altare. Che tristezza, però. Viene in mente quella vecchia barzelletta: "A Marì, il prossimo anno annamo ar mare!"

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